MACRO ASILO

MACRO / 21 settembre 2019, ore 11:00/17:00
Museo MACRO – Museo di Arte Contemporanea
Via Nizza, 138 – Roma

PERFORMANCE
PINA DELLA ROSSA | SEGNI PERMANENTI
Flagranti ferite dell’animo, “stigme” di celata violenza, rimosse attraverso una performance collettiva a valenza catartica.

Direttore del MACRO:  GIORGIO DE FINIS
Testo:  JACOPO RICCIARDI
Accompagnamento musicale:  SEBASTIAN ZAGAME
Voce narrante: DARIO RIGGIO

Quando l’arte diviene canale privilegiato di espressione autobiografica non
può che assumere due connotazioni, la prima dello scavo interiore, con una
portata di sofferenza che precedentemente sembrava rimossa; la seconda di catarsi e di superamento del dolore, che si materializza in tutta la sua
determinazione. Il nemico finalmente lo si guarda negli occhi. Le ferite come
segni permanenti dell’anima diventano testimonianza non solo dell’Io
narrante, ma di una collettività che si riconosce nel delirio universale di uno
strappo intimo che la violenza provoca. Una violenza che ti fa sentire
inadeguata, colpevole di non aver reagito, recisa nei sogni e nei desideri in
un’età in cui dovresti essere dominatrice di te stessa. Ed in quel cammino di
scelte e di progetti che stai intraprendendo tutto si incidenta, si ribalta. Hai la sensazione di vivere una vita che non ti appartiene più, segmentata, lesa e
straziata. Ti fai passare addosso gli anni ed inconsapevolmente fai delle
scelte che ti conducono sempre verso quel punto, quasi a voler segnare il
traguardo del “non ritorno”. Poi il dolore si lenisce con il potere
dell’evocazione prodotto dallo scatto di una fotografia che non si presta ad
alcuna produzione statica. Nasce “DOPO LA BATTAGLIA”, un progetto in cui
comincia la mia narrazione in cui intraprendo la “ricerca di me stessa”, Mi
lascio alle spalle qualsiasi produzione ingabbiata in forme di realismo o di
oggettività per privilegiare una fotografia che è disposta a negare la fisicità ed a cogliere l’informale, l’immateriale che la società dell’apparire trascura, un informale che si nutre di tutte le sfumature dell’animo umano. So, però, di
dover continuare il mio viaggio per trasferire la sofferenza personale
all’interno di una meditazione collettiva che sappia intrecciare la dimensione
intima della singolarità con la pluralità di quei vissuti che condividono la legge bruta della prevaricazione e della violenza. Da qui, la riflessione di dare un nuovo volto al dolore, di renderlo addirittura pubblico, di aprire le porte al trauma convinta che l’arte sia canale di massima veicolazione sociale. Un dolore al servizio di quanti non ancora hanno superato l’indelebilità delle flagranti ferite dell’animo ed il peso del silenzio e della solitudine. Ecco, così, il Progetto “SEGNI PERMANENTI”, che culmina in una performance al Museo MACRO, in cui si assiste al passaggio, sul piano personale, oltre che artistico, di una maturità che trascende la malattia dell’animo singolo per assumere la connotazione di messaggio universale. Ciò che sto cercando di mettere in piedi è il ricorso alla funzione sociale dell’arte, ad una narrazione che vuole facilitare l’ingombrante e paurosa lettura dei fenomeni di violenza, che molto spesso restano nascosti nelle pieghe dell’animo, attraverso una testimonianza diretta che dia la cifra di quanto sia possibile trasformare quel dolore in un impegno a sostegno di se stessi e del genere umano. Io la mia battaglia l’ho vinta, nel momento in cui ho compreso di poterla narrare artisticamente. Ora la dedico a donne ed uomini che hanno bisogno di guardarsi dentro e di sapere che il silenzio va spezzato.
Il progetto al Macro si è svolto attraverso una performance collettiva in cui
l’Azione è reale, come Reale è stato l’”ACCADUTO”.
Gli spettatori sono intervenuti dipingendo, con pennelli e smalto rosso,
l’immagine del mio volto fotografato, un autoritratto in bianco e nero, senza
bocca e senza naso. Nel contesto della performance, una voce narrante il
mio testo personale (Attore: Dario Riggio), seguita da un accompagnamento
musicale (Sonata n. 3 “Ballade“ di Eugene Ysaye – Musicista: Sebastian
Zagame). Ogni fotografia, sulla quale è intervenuto lo spettatore, nell’ambito
della performance, è stata fissata con un chiodo sporgente, l’una accanto
all’altra, su un grande pannello di forex, poggiato sulla parete. Su di un
tavolo, invece, cinque foto recanti i segni con lo smalto rosso, sono state
inserite in teche di legno con sopra un vetro, come chiusura. A completamento del grande pannello, composto dai tasselli fotografici, è stata inserita, una foto con l’edera uscente da una lamiera con la ruggine, a
simboleggiare la Rinascita.
Pina Della Rossa