Federico Carlo Simonelli

Un viaggio sui sentieri della memoria. La ricerca di una comunione intima con la realtà circostante. Un’interrogazione profonda oltre la superficie delle cose.
Così, con questi tre tratti immediati, si potrebbe riassumere il racconto per immagini composto da Pina Della Rossa. E’ un racconto semplice e toccante, che obbliga ad abbandonare la strada maestra, a esplorare il mondo dei margini, degli interstizi erbosi tra mondo umano e naturale. L’artista intraprende un viaggio nel microcosmo che scorre rasente i muri, cogliendone tutti i possibili stimoli emotivi e percettivi.

L’iniziale dualismo tra mondo artificiale e naturale si scompone in altre associazioni, sempre più trasversali e profonde: fibre vegetali e minerali si fondono con i cromatismi dell’ossidazione e delle muffe; rami, fronde e raggi di sole si proiettano sulle trame cangianti del cemento e della lamiera.

Si giunge così a un altro confine percorso dall’artista: il confine formale tra fotografia e pittura. L’artista esplora la confusione degli elementi alla ricerca del giusto accordo tra luci e forme; l’obbiettivo fluttua su un disordine apparente finché non trova coerenza; lo scatto cristallizza autentiche composizioni astratte.

Quest’unione tra fotografia e pittura è il risultato di un percorso professionale fatto di capitoli differenti e complementari. Circondata dall’arte fin dall’infanzia, Pina Della Rossa ha saputo fondere la sua vocazione pittorica alle intuizioni del proprio maestro Mimmo Jodice. Il suo scatto non è che un mezzo per comunicare una sensibilità compositiva, lirica, informale.

L’artista scatta soltanto davanti a un’entropia che le è congeniale. Sulle orme di Anselm Kiefer, le forme naturali creano un affresco onirico capace di suggerire visioni. Al tempo stesso, l’esplorazione tattile delle ruvidità del cemento e della ruggine comunicano la stessa sensazione plastica dei sacchi di Burri. Lo sguardo di Della Rossa studia le superfici e, con sensibilità manierista, scatta laddove le asperità minerali, gli intrichi vegetali e la luce solare creano composizioni policrome dotate di profondità ed equilibrio.

Questa fusione tra pittura informale e fotografia non è soltanto una virtuosa cifra stilistica, ma un autentico linguaggio con cui l’artista ci accompagna nel suo racconto.

A un duplice linguaggio risponde un duplice contenuto. Quest’elegia silenziosa ci racconta due storie.

La prima è immediata, visibile, esteriore. È il messaggio che l’artista dedica alla sua terra, la Campania felix addormentata sotto una coltre di sfruttamento, dissesto e cementificazione. Ma questo racconto esteriore, come un’antica storia d’incantesimi spezzati, parla di rinascite: raggi di luce investono gli angoli dimenticati; il degrado affonda nell’opera rigogliosa della Natura; i cementi crepano e schiudono germogli.

L’altra storia è intima, e finisce per toccare le corde segrete di ogni osservatore. Lo scorcio abbandonato diventa metafora di un mondo interiore, e il racconto per immagini diventa una ricerca pensosa nell’identità e nella memoria. Si corre lungo pomeriggi solitari; lungo i muri, gli sgretolamenti, le periferie della vita. Ma, ancora una volta, l’autrice ci dà la chiave della liberazione. Sotto le rovine, infatti, pulsa una rinascita che scava, perfora e si diffonde. La nostra solitudine diroccata e infestata dai rovi diventerà una vestigia romantica, misteriosa, affascinante.

Pina Della Rossa ha saputo creare una sintesi stilistica tra linguaggi e contenuti differenti. Ogni scatto di questa ricerca è un racconto astratto, reso irripetibile dall’accordo tra tutte le sue voci: le fibre vegetali, le trame minerali, le sfumature dell’umidità, dell’aria e, soprattutto, della luce naturale.

Ed è proprio la luce, elemento unificante, il mezzo e il fine di questo percorso.

In alcuni scatti la luce diffusa è appena percettibile; in altri, appare improvvisamente in fasci miracolosi che irradiano vita e poesia. E così la fiaba per immagini di Pina si conclude nel segno della luce e dell’eterna rinascita, ricordandomi un passo significativo di Herman Hesse: “Quando un raggio di sole, da un cielo coperto, cade su un vicolo squallido, è indifferente che cosa tocca: il coccio di una bottiglia per terra, il manifesto lacerato sul muro, o il lino biondo sulla testa di un bambino. Esso porta luce, porta incanto, trasforma e trasfigura”.

Mostra personale presso
Studio88  Roma
Pina Della Rossa  –  RIscatto
18 febbraio 2015 – 13 aprile 2015