Alessandro Iacobelli

DOPO LA BATTAGLIA” UN SUCCESSO PER L’ARTISTA PINA DELLA ROSSA!

Entusiasmo e soddisfazione al PAN per la mostra fotografica dell‟artista Pina Della Rossa. “Dopo la battaglia”, questo il titolo della personale che ha fatto tappa a Palazzo Roccella dall‟8 al 26 maggio 2013, è una raccolta di opere in cui si evidenzia il dialogo intenso tra due mezzi di rappresentazione, la pittura e la fotografia. Nei suoi lavori, sia quando colgono l‟attimo fuggente, sia quando i soggetti vengono “costruiti”, emergono con forza l‟aspetto cromatico mai casuale e la cura appassionata per la composizione. Proprio la relazione di linguaggi diversi all‟interno della stessa immagine portano lo spettatore a interrogarsi se Pina Della Rossa sia una fotografa che dipinge o una pittrice che fotografa. Docente di Storia dell‟Arte, passa dall‟espressionismo,
all‟informale, raggiungendo la sua massima espressività con lo spazialismo, evidenziato soprattutto attraverso la fotografia. Tuttavia, mentre l‟iconografia del nostro tempo si rifà alle figure generate dal cinema, dalla pubblicità, dalle immagini di sintesi della computer grafica, lei si distacca volontariamente dal processo di assimilazione iconica, restituendoci un ideale ritorno alla pittura.
La sua è una fotografia di dettagli, di immagini pittoriche, metaforiche, sintetiche, scattate in solitudine, guardandosi intorno con occhio ispirato e partecipe. Dopo aver esposto le sue opere in numerose mostre nazionali e internazionali, presso enti pubblici e privati, in musei e in archivi di arte contemporanea, finalmente giunge nel luogo che l‟ha vista nascere, formarsi e affermarsi a livello personale e professionale. Ed è proprio qui che noi de “Lo Strillo” l‟abbiamo incontrata.
Leggendo la sua biografia si evince che la sua passione per l’arte nasce sin dalla più tenera età. In tal senso, cosa conta di più, il talento o la formazione?
Il talento è sicuramente un qualcosa di innato, ma la sperimentazione e la ricerca sono
fondamentali. Sono l‟alimento di cui il talento si nutre, assieme all‟impegno, all‟applicazione, alla dedizione. Ogni lavoro, ogni opera d„arte, ha alle spalle uno studio approfondito e dettagliato. Solo così è possibile generare un lavoro che unisca alla tecnica la riflessione e l‟analisi.
Cosa rappresenta per lei l’arte, e perché si è soffermata sulla fotografia?
Attraverso i miei scatti esprimo e cerco di evocare emozioni, stimolando lo spettatore a non soffermarsi sulle apparenze, ma piuttosto a entrare in profondità nelle cose, a guardare oltre. Anche in se stesso, partendo dal reale per giungere ad una dimensione dell‟anima. La mia ricerca inizia con la fotografia del sociale, cominciai a osservare la fatica , la costruzione, il lavoro degli operai nei cantieri e proprio da lì deriva, nelle mie opere, l‟utilizzo di materiali poveri come lamiere, ferri e cemento. L‟intento è di dare valore e dignità a tutto quanto può sembrare apparentemente privo di significato.
Da cosa deriva il titolo della sua mostra, “Dopo la battaglia”?
In questo caso l‟avventura artistica s‟intreccia con l‟esperienza autobiografica. Da una parte, infatti, mi riferisco all‟affermazione, dopo anni di ricerca, di una nuova forma d‟arte in cui fotografia e pittura diventano inscindibili, quasi tridimensionali, attraverso uno studio del rilievo e del senso cromatico. Ma la “battaglia” ha anche un significato sociale, espressione delle difficoltà che noi donne siamo costrette ad affrontare quando restiamo sole. Sole nel portare avanti una famiglia, sole nel gestire al meglio la vita lavorativa, sole e senza amore. Tuttavia voglio dimostrare che rialzarsi è
possibile, ecco perché il muro e le radici. Il muro che frena una libertà che ha voglia di contaminarsi nella tempesta della vita, all‟interno di un dinamismo instabile in cui tutto nasce e ritorna, alimentato di radici viventi che vi penetrano quasi a rigenerarne lo stato. Il rosso che dirompe sotto l‟effetto dell‟espansione e della forza, alternandosi al blu della quiete e del silenzio ed al verde dell‟energia della tensione interiore. Profili che emergono dalle muffe di un muro scrostato, dalle ragnatele intessute di rami secchi, dalle ruggini di inferriate che cingono terre senza nome o finestre sprofondate nel buio, dalle crepe nel legno di porte ostinatamente serrate, chiuse su memorie passate, ricordi lacerati, parole senza appello. Eppure, alla fine, le radici, forza della natura,
riprendono il sopravvento sugli ostacoli posti dall‟avidità e dall‟egoismo umano.
C’è qualcuno che si sente di ringraziare?
E‟ un dovere, ma soprattutto un piacere, rendere omaggio al maestro Mimmo Jodice, cui va il merito di avermi trasmesso non solo le tecniche, ma soprattutto la passione e l‟emozione per una fotografia “sentita”come mezzo creativo e innovativo. E poi la galleria Area 24 Space, che ha coordinato in modo esemplare, con intensità e qualità, ogni dettaglio di questo evento, assieme ai quattro critici che hanno scritto per me i testi in catalogo: Mario Franco, Marco di Mauro, Assunta Pagliuca e Alessandra Pacelli.