“DOPO LA BATTAGLIA”
Le storie che racconta Pina Della Rossa sono immense e leggere.
Immense
perchè vengono dall’anima, scavano nel dolore come in
un’archeologia interiore, rivelano la fame di poesia, lo
smarrimento per l’accadere della vita che si compone e si disfa
in un rituale infinito, fino all’attimo prima del congedo.
Un occhio prensile, un osservare da entomologo, seguendo
il palpito interiore su percorsi sghembi, indigesti, aspri.
Leggere perché toccano le corde della fantasia aprendo
spiragli improvvisi, salvifici. Come in una favola, come nel
viaggio psichedelico di Alice nel Paese delle Meraviglie,
la realtà non ha un punto fermo: quello che si vede forse
non c’è. Un cortocircuito in cui la natura sembra
travalicare i suoi confini, andando a occupare il territorio
della pittura, dunque della finzione.
La fotografia felicemente si è lasciata alle spalle l’idea che
la costringeva nel recinto del realismo, dell’oggettivizzazione,
della documentazione veritiera del contemporaneo. Quella
capacità di fermare l’attimo, il qui e ora così com’è.
E invece lo sguardo del fotografo viaggia nella macchina del
tempo, fruga nel passato tra polveri e fantasmi da trasportare
nell’attualità. E nelle immagini di Pina Della Rossa ecco
infatti improvvise apparizioni, impronte, orme. Ma anche
segni pittorici, composizioni architettoniche, profili
fugaci che emergono dalle muffe di un muro scrostato,
dalle ragnatele intessute di rami secchi, dalle ruggini
di inferriate che cingono terre senza nome o finestre
sprofondate nel buio, dalle crepe nel legno di porte
ostinatamente serrate, forse chiuse su memorie passate,
ricordi lacerati, parole senza appello.
Un punto di vista dove il colore rarefatto – quasi la memoria
del colore – diviene la sottolineatura di uno scenario che si
presenta allo stesso modo tragico e poetico. E’ un percorso tra
opposti, o meglio il viaggio privato che il fotografo ci invita
a compiere insieme a lui. Un viaggio senza tempo e senza fretta,
segnato dalla lentezza di momenti dilatati che scivolano nello
smarrimento. Forse per addomesticare il dolore.
Forse per sottolineare un clima da “dopo la battaglia”.
Pina Della Rossa mette così in atto la rappresentazione
delle sue intime visioni: annota palpiti, sussulti,
amplifica le parentesi, dilata i suoi grumi esistenziali.
Il tutto per cercare di raggiungere la purezza carezzevole dell’aria.
Ma l’esigenze di raccontare si fa ossessiva, cerca nel molteplice il suo
giusto linguaggio tenendo conto di geografie e territori, di emozioni
e gioie improvvise. Istanti che fanno da contrappunto alla
narrazione generale di un mondo dolente, misterioso, spaurito, capace
però di improvvisi sprazzi che l’occhio del fotografo riconosce e
ricompone nei confini di un’immagine.
Come se alla realtà si agganciassero i sogni.
Dal catalogo: Pina Della Rossa – “DOPO LA BATTAGLIA” – Paparo Editore – Napoli – 2013